L’Italia e’ conosciuta nel mondo come il Belpaese, per i suoi paesaggi, la storia millenaria e la qualità della vita in generale. Ma il motivo per cui il nostro paese ha successo all’estero è anche grazie ai nostri prodotti di eccellenza.
Per l’azienda KPMG, il Made in Italy era il terzo marchio al mondo per notorietà dopo Coca Cola e Visa nel 2012. Il settore alimentare e’ una delle più importanti locomotive di questo successo, infatti per il 57% degli Italiani, secondo l’indagine di mercato commissionata nel 2014 da Federalimentare, l’industria alimentare è il settore che ci rappresenta di più al mondo, più di moda, design e automobili.
Londra ne e’ la prova: ristoratori e imprenditori italiani continuano ad investire nel mercato UK con prodotti di qualità, mantenendo alta la reputazione del Made in Italy nel mondo.
Nonostante le esportazioni di prodotti italiani siano in crescita, i dati Istat relativi al primo bimestre del 2015 testimoniano un + 3% dell’agroalimentare e Confagricoltura osserva che in un anno più di € 54 miliardi sono stati perduti a causa di imitazioni low cost, ossia circa il doppio delle nostre esportazioni all’estero.
La Coldiretti rincara la dose affermando che queste imitazioni sono il vero nemico perchè non hanno alcun legame con il sistema produttivo del Paese denuncia molti prodotti ‘Italian Sounding’: dal Chianti Californiano alla soppressata Calabrese, dai pomodori San Marzano fino al Prosecco, dal Crotonese alla Mortadella Bologna ma anche il Parmesan la cui produzione nel mondo ha superato quella del Grana Padano e del Parmigiano Reggiano, i quali sono tutti realizzati fuori dall’Italia senza alcuna indicazione della provenienza e con nomi di fantasia. Ci sono anche mozzarelle ottenute con semilavorati industriali provenienti dall’estero senza alcuna indicazione in etichetta, per effetto di normative Europee.
Altre accuse riguardano il fatto che l’Unione Europea consente ai Paesi del Nord Europa di aumentare la gradazione del vino attraverso l’aggiunta di zucchero.
Ultimamente da Bruxelles sono giunte ulteriori normative che hanno lasciato molti operanti del settore a bocca aperta.
Del resto nella battaglia sul cibo è molto chiaro da tempo quali siano le lobby in grado di esercitare le giuste pressioni sull’Europarlamento: quelle delle multinazionali. Dal latte in polvere alla cioccolata senza cioccolata, alla poca chiarezza sulle etichette in materia di conservanti e coloranti, la normativa dei formaggi con il latte in polvere è forse la più assurda per noi Italiani in quanto in Italia vigeva la legge nazionale n. 138 dell’11 Aprile del 1974, che voleva esattamente il contrario e cioè, per tutelare la qualità dei prodotti, era vietato anche solo aggiungere il latte in polvere al latte normale per la composizione di formaggi e yogurt.
Secondo la Coldiretti questa normativa comporterà uno scadimento della qualità dei formaggi e degli yogurt Italiani e metterà a repentaglio la reputazione del Made in Italy, comportando una maggiore importazione di polvere di latte proveniente da altri paesi a costi bassissimi con conseguenze pesanti sulla tenuta dei nostri allevamenti.
Che senso avrà quindi per noi comprare un formaggio Italiano rispetto ad uno di un altro Paese?
Ma soprattutto, se la Germania, con i loro conti in ordine e la loro precisione finanziaria, detta legge in tutta Europa su come gestire i debiti pubblici degli altri paesi, non dovrebbe essere l’Italia con la sua cultura gastronomica, competenza, qualità e superiorità riconosciuti in tutto il mondo a dettare legge in Europa per quanto riguarda il mercato agroalimentare?
Stefano Potortì
Sagitter One – Boutique Hospitality Consultancy
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