A seguito del giudizio della High Court del 3 Novembre, il processo di attivazione dell’Art.50 del Trattato di Lisbona (articolo che deve essere implementato da un Paese che decide di lasciare la Unione Europea) ha subito una battuta di arresto, trasferendo le competenze sulla sua implementazione dal governo di Theresa May alla House of Commons, in seguito a un voto.
Anche se i legali del governo hanno fatto ricorso alla Supreme Court, il cui parere dovrebbe essere reso noto a Dicembre, il Governo Conservatore ha finito comunque per trovarsi in una posizione problematica.
Anche nel caso in cui la Supreme Court dovesse finire per riconfermare il parere della High Court sul passaggio di competenze risulta difficile tuttavia, per vari motivi, immaginare che la House of Commons ribalti l’esito del referendum consultivo, in quanto si finirebbe per alienare fortemente l’elettorato nelle zone che ha favorito il Leave, ad esempio.
L’ex leader del partito Laburista Ed Miliband dovrebbe ad esempio scegliere di trovarsi in questa situazione complessa, essendo stato eletto in una circoscrizione che ha votato massicciamente a favore della Brexit.
La decisione della High Court ha segnalato anche un ritorno al peggiore clima del periodo pre e post referendum, con gli attacchi della stampa conservatrice (Daily Mail, Daily Express, Telegraph, The Sun) contro i giudici della Alta Corte responsabili del verdetto (il Barone Thomas di Cwmgiedd, Sir Terence Etherton e Lord Justice Sales) con titoli in prima pagina come l’inequivocabile “Nemici del popolo”.
Al centro di questo clima si trova anche Gina Miller, che ha guidato The People’s Challenge, una campagna mossa dall’intento di portare il Parlamento facendo appello alla High Court per valutare le competenze del Parlamento a decidere sull’Art.50 rispetto a quelle del governo.
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I sostenitori del fronte Leave restano poi numerosi, non solo tra le fila dei Conservatori mentre il leader laburista Jeremy Corbyn ha chiarito che il Labour bloccherebbe l’attivazione dell’Art.50 da parte del governo nel caso in cui non dovessero essere rispettate quattro condizioni: la garanzia dell’accesso al mercato unico, il rispetto dei diritti dei lavoratori comunitari, garanzie per la salvaguardia dei consumatori e dell’ambiente e la promessa che il Regno Unito paghi il ‘conto’ per ogni investimento di capitale UE perso a seguito del risultato referendario.
Il mancato rispetto di tali condizioni potrebbe forse portare a una intesa dei Laburisti con altre forze della House of Commons, come gli scozzesi dell’SNP, i LiberalDemocratici e i Verdi, che hanno in Caroline Lucas, Parlamentare per Brighton Pavillion, la loro unica rappresentante nella Camera?
Intanto Theresa May si muove molto sullo sfondo internazionale, incontrando il Primo Ministro indiano Narendra Modi per lanciare una operazione volta a rinforzare la partnership commerciale britannico-indiana di fronte all’uscita dalla UE e a un mercato di 1.3 miliardi di persone. May ha parlato di accordi che prevedano nuovi visti per cittadini indiani, a fronte del ritorno in patria dei cittadini indiani che non hanno il diritto di restare nel Regno Unito. Anche nell’incontro con Modi, tuttavia, tematiche simili a quelle tra May e gli (ex)-partners europei sono emerse con la discussione sui visti per cittadini e studenti indani nel Regno Unito, considerando il fatto che i visti per gli studenti indiani hanno subito un sensibile crollo nei cinque anni che hanno visto May alla testa dell’Home Office, arrivando a 11,864 nel Giugno 2015 da una base di 68,238.
In tutto questo scenario, cresce la prospettiva di elezioni anticipate al 2017, prospettiva che aumenta la grande incertezza, ma che si inserisce pienamente nel percorso di profondo salto nel buio nel quale il Regno Unito ha finito per collocarsi.
Mentre sul fronte generale nel Regno Unito, il mantra generale resta quello del Brexit means Brexit, senza chiarezza su quanto questo significhi effettivamente, ma con accezioni diverse in base allo spettro politico, il Sindaco Laburista di Londra, Sadiq Khan, ha sempre finito per mantenersi in prima linea per l’intento di limitare al massimo l’impatto della Brexit sulla capitale.
Un segnale della competizione tra capitali europee e dello spazio che Londra potrebbe lasciare lo si era visto durante uno dei primi incontri del Sindaco londinese con la sua omologa parigina Anna Hidalgo, quando la sindaca della capitale francese aveva chiarito che Parigi avrebbe accolto con un tappeto rosso i businesses che avrebbero lasciato Londra dopo la Brexit.
Il 7 Novembre, ai microfoni della CNBC, Khan ha ribadito il suo intento di mantenere e promuovere la permanenza o una qualche forma di permanenza nel mercato unico per Londra e il Regno Unito, favorendo uno scenario di soft Brexit rispetto alla hard Brexit che eclisserebbe la Gran Bretagna al di fuori del suddetto.
A questo punto, bisogna attendere il prossimo mese per vedere la valutazione della Supreme Court, ma di certo ci si appresta ad entrare in un anno estremamente intenso e delicato per gli equilibri europei.
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Angelo Boccato
The Italian Community