<Se potessi farlo, o meglio se l’editore fosse d’accordo, come ultimo capitolo in fondo al libro allegherei le Pagine Gialle degli italiani a Londra: niente spiegherebbe meglio come è fatta la nostra, non tanto piccola, comunità tricolore. Ma prima dovrei spiegare cosa sono le Pagine Gialle dei nostri connazionali a Londra. Intanto non si chiamano Pagine Gialle, bensì The Italian Community (che non ha bisogno di traduzione). In secondo luogo non sono di carta, ma online, quindi per consultarle vi basta un computer o uno smartphone.>
Esordisce così il capitolo dedicato a The Italian Community di un libro che sta già scalando le vette delle letture preferiti degli italiani oltremanica. Il libro si chiama Londra, Italia ed il suo autore è uno dei giornalisti più importanti della nostra carta stampata, l’inviato de La Repubblica, Enrico Franceschini.
Centonovantuno pagine in cui sfogliare la nostra comunità all’ombra del Big Ben. Cinquecentomila anime secondo recenti stime, che dal Bel Paese sono volate qui alla rincorsa di un sogno, di un progetto da realizzare, un’esperienza da ricordare per sempre. Franceschini, che lo scorso 22 gennaio abbiamo incontrato presso l’Istituto Italiano di Cultura in occasione della presentazione del volume, intervistato da Barbara Serra spiega che <il numero di italiani che ogni anno scelgono di venire a Londra è in costante aumento, questa ad oggi è la quinta città italiana più grande, un’appendice fuori dallo stivale, ho pensato che andasse raccontata>
E la racconta bene. Leggendo i trentadue capitoli che compongono il volume, anche per chi a Londra non vive, sembra quasi che l’autore ci porti in giro a conoscere i meravigliosi personaggi che dalle aule di Oxford, agli uffici della city, fino ai ristoranti ed i bar di vari angoli della città, qui vivono una sorta di seconda vita dopo quella lasciata per vari motivi, spesso legati al lavoro, in Italia. Franceschini ci racconta di personaggi famosi, professori autorevoli, di camerieri e di scrittori, di ingegneri e di parrucchieri. Perché la nostra comunità a Londra è grande e varia e questo libro offre uno spaccato della realtà: come affacciandosi da una finestra, in Londra, Italia abbiamo la possibilità di guardarci dall’esterno e spesso ritrovarci in qualche particolare di tante delle storie rinchiuse in queste pagine. Franceschini presenta la nostra Italia londinese come un Paese con il suo bar (Italia), la sua libreria (The Italian Bookshop), la sua Chiesa (la storica St Peter’s Church) e lo fa attraverso i racconti di chi questo Paese lo vive.
Un onore per The Italian Community far parte di queste storie con l’intervista alla nostra fondatrice, Alessia Affinita che racconta il suo punto di vista sul fenomeno dell’emigrazione italiana verso Londra: “Secondo me il fenomeno fa parte di una naturale evoluzione. Oggi la gente non ha più paura di fare esperienza, sa cosa c’è fuori dall’Italia e al tempo stesso è più curiosa, ha più voglia di muoversi. I giovani possono viaggiare con i voli a basso costo, mentre un tempo chi andava via non poteva tornare a casa per mesi o anni. È tutto più facile. E del resto non sono solo i giovani italiani a partire… i giovani partono anche da paesi che funzionano meglio del nostro. Se ne vanno in giro per il mondo perché hanno sempre più fame di stimoli nuovi”.
La ricerca di stimoli nuovi, è ciò che ha spinto a trasferirsi personaggi come lo scrittore Stefano Jossa, il video-operatore Alessandro Pavone, il presidente dell’Italian Society Angelo Martello, tutti personaggi raccontati in questo libro da Franceschini che, tra un intervista e l’altra non manca di tracciare una sorta di identikit dell’italiano che vive a Londra, <nel libro parlo di anglomani, italo-trash e londoners. Gli anglomani sono quelli che vogliono a tutti i costi imitare gli inglesi quasi facendo finta di non essere italiani e spesso rendendosi ridicoli; gli italo-trash sono quegli italiani che invece non fanno altro che parlare male dell’Inghilterra con le sue regole inflessibili e il clima freddo, rimpiangono la colazione al bar sotto casa e si fa quasi fatica a capire il perché si siano trasferiti. I Londinesi, infine, sono coloro che, spesso dopo qualche anno di vita qui, si trasformano, perdendo quelle caratteristiche che ci fanno riconoscere ad un occhio esterno, non vestono più griffato ma portano il meglio dell’italianità oltremanica, conservando le caratteristiche migliori ma adattandosi ed integrandosi perfettamente con la società inglese>
Una trasformazione quella raccontata dall’autore che esprime bene Teresa, il personaggio protagonista dell’ultimo capitolo del libro. Il capitolo si chiama “Mind the Gap”
<“Mind the gap” sta scritto sul bordo della pensilina di ogni stazione della metropolitana di Londra. “Mind the gap”, ripete la voce metallica del conducente del metrò ogni volta che si aprono le porte delle carrozze. È un avvertimento ai passeggeri. Significa: state attenti allo spazio fra il treno e la pensilina, state attenti a non finire intrappolati in quel buco, fate un saltello, se necessario, e andrà tutto bene. Ma la frase, in inglese, può avere anche un altro significato. Può voler dire: fate attenzione alla differenza. Notatela>.
E questa immagine finale, il salto tra la banchina e la carrozza può forse descrivere molto bene anche il salto che molti degli italiani che decidono di trasferirsi, si apprestano a fare. Perché che si parli di professori, camerieri, insegnanti, infermieri o dottori, di certo c’è che Londra per tutti rappresenta un cambiamento, un salto da una realtà all’altra, dall’Italia a Londra che questo libro, Londra, Italia racconta davvero bene.
Cristina Carducci
The Italian Community