Sono molti gli italiani che, pur essendo fiscalmente residenti in Italia, hanno deciso di effettuare un acquisto immobiliare all’estero (nel nostro caso nel Regno Unito) e ora si chiedono quali siano le sorti, da un punto di vista prettamente fiscale, di tale investimento. Andrà indicato nella dichiarazione dei redditi italiana? Dovrà scontare delle imposte in Italia, nonostante l’imposizione già a vario titolo subita nel Paese in cui l’immobile è situato?
Per rispondere a tale domanda bisogna innanzitutto fare riferimento al concetto di residenza fiscale in Italia (si veda qui) e dunque escludere da quanto diremo in seguito i cittadini italiani iscritti all’AIRE per più di 183 giorni nel periodo d’imposta di riferimento.
CASA E MONITORAGGIO FISCALE
Tornando al quesito sulla sussistenza o meno dell’obbligo di indicare tali immobili in dichiarazione, bisogna ricordare quanto introdotto nel nostro ordinamento dalla Legge n. 227/90 che all’articolo 4, comma 1, ha previsto per tutti i soggetti residenti fiscalmente in Italia che detengono investimenti esteri l’onere del cosiddetto “monitoraggio fiscale”.
Il monitoraggio fiscale è un adempimento obbligatorio cui sono sottoposti tutti i contribuenti residenti in Italia, i quali, in un apposite quadro della dichiarazione dei redditi, sono tenuti ad indicare tutte le attività patrimoniali e finanziarie detenute all’estero, anche se ottenute a titolo gratuito (dunque anche gli immobili di proprietà a qualsiasi titolo conseguiti). La logica di tale norma è quella di fornire all’Amministrazione Finanziaria un quadro il più completo possibile degli scambi e delle attività (patrimoniali e/o finanziarie) passibili di imponibilità in Italia – in ultima analisi è dunque un onere dichiarativo volto a contrastare l’evasione fiscale.
IMPOSTA SUL VALORE DEGLI IMMOBILI ALL’ESTERO
A seguito dell’entrata in vigore nel 2012, della Legge n. 214/2011, le persone fisiche residenti in Italia che possiedono immobili all’estero, a qualsiasi uso destinati, hanno però anche l’obbligo di versare l’IVIE (Imposta sul valore degli immobili situati all’estero) che è in buona sostanza un’imposta patrimoniale equiparabile all’IMU, seppur relativa ad immobili esteri.
FISCO E AMBITO DI APPLICAZIONE
In particolare, l’imposta è dovuta dai contribuenti, residenti fiscalmente in Italia, che siano:
- proprietari di fabbricati, aree fabbricabili e terreni a qualsiasi uso destinati, compresi quelli strumentali per natura o per destinazione destinati ad attività d’impresa o di lavoro autonomo
- titolari dei diritti reali di usufrutto, uso o abitazione, enfiteusi e superficie sugli stessi
- concessionari, nel caso di concessione di aree demaniali
- locatari, per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria
Se naturalmente non ci sono problemi nel comprendere cosa si intenda per proprietà piena dell’immobile, è però necessario rapportare le tipologie sopra definite a quanto previsto dall’ordinamento del Paese nel quale si trova l’immobile.
Appare opportuno ricordare come il sistema giuridico dei Paesi di common law, come il Regno Unito, preveda sia un diritto di proprietà assoluta, il cosiddetto freehold, che il leasehold, che potremmo definire quale un diritto reale al possesso dei beni, protratto nel tempo e previo corrispettivo, ma separato dalla piena proprietà, un po’ come il nostro usufrutto, cui infatti l’Agenzia delle Entrate lo ha equiparato. In caso di separazione tra freehold e leasehold sarà il titolare di quest’ultimo, cioè il leaseholder, ad essere assoggettabile all’imposta. Per quanto riguarda i beni in comunione, l’imposta è dovuta in relazione alla quota di possesso. L’imposta, infine, sarà dovuta, come sopra indicato, anche nel caso di immobili intestati ad enti giuridici quali società fondazioni o trust, quando la disponibilità dell’immobile è comunque rapportabile alla persona fisica residente in Italia.
DETERMINAZIONE DELLA BASE IMPONIBILE: IL VALORE DELL’IMMOBILE
In generale questo valore è determinato con riferimento al Paese in cui è situato l’immobile: per i Paesi appartenenti alla Unione europea o in Paesi aderenti allo Spazio economico europeo (Norvegia e Islanda) il valore da utilizzare è prioritariamente quello catastale. Per gli altri Stati, o per quelli europei che non prevedono un valore catastale, si fa riferimento al costo che risulta dall’atto di acquisto e, in assenza, al valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l’immobile.
Per gli immobili situati nel Regno Unito, come chiarito dall’Agenzia delle Entrate con Risoluzione 75/E, bisogna adottare come base imponibile dell’IVIE il valore medio della fascia (band) attribuita all’immobile ai fini della Council Tax, che e’ appuno un’imposta basata su parametri di tipo catastale.
ALIQUOTA APPLICABILE
L’aliquota è pari, ordinariamente, allo 0,76% del valore degli immobili, ed è calcolata in proporzione alla quota di possesso e ai mesi dell’anno nei quali il possesso c’è stato (viene conteggiato per intero il mese nel quale il possesso si è protratto per almeno quindici giorni). Il versamento non è dovuto se l’importo non supera i 200 euro.
Dal 1° gennaio 2016 (Legge di Stabilità) al fine di armonizzare la disciplina dell’IMU e quella dell’IVIE in relazione all’abitazione principale, l’imposta non si applica al possesso degli immobili non di lusso adibiti ad abitazione principale (e relative pertinenze). Pertanto i soggetti che prestano lavoro all’estero per lo Stato Italiano, ma la cui residenza fiscale rimane in Italia, non dovranno versare l’IVIE. Tale esenzione cessa però quando il lavoratore rientra in Italia al termine dell’incarico lavorativo all’estero. L’aliquota scende allo 0,4% per gli immobili di lusso adibiti ad abitazione principale. In tal caso è possibile, inoltre, detrarre dall’imposta (fino a concorrenza del suo ammontare) 200 euro, rapportati al periodo dell’anno durante il quale l’immobile è destinato ad abitazione principale.
TRATTAMENTO FISCALE
Per dichiarare il valore degli immobili situati all’estero il contribuente deve compilare il quadro RW del modello UNICO.
Al fine di evitare la doppia imposizione, dall’IVIE è possibile dedurre l’eventuale imposta patrimoniale versata nel medesimo anno nello Stato estero in cui è situato l’immobile. Purtroppo, però, l’Agenzia delle Entrate italiana non riconosce la Council Tax come imposta patrimoniale. Se l’immobile posseduto nel Regno Unito non è affittato, dunque, quest’ultima deve essere pagata per intero e non è detraibile dall’IVIE.
Per il versamento, la liquidazione, l’accertamento, la riscossione, le sanzioni ed i rimborsi dell’IVIE, infine, si applicano le stesse regole previste per l’Irpef, comprese quelle riguardanti importi e date di presentazione della dichiarazione ed eventuale contenzioso.
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Manuela Travaglini
The Italian Community