Alla fatidica data del 23 Giugno, nella quale i cittadini britannici saranno chiamati alle urne per decidere se continuare la membership della Unione Europea per il Regno Unito o abbandonare l’Unione, mancano pochi giorni e il momento attuale registra un alto livello di tensione.
La campagna referendaria (che ha visto nelle ultime settimane una forte crescita del fronte per l’abbandono sotto l’egida di LEAVE.EU, e un sorpasso del fronte pro-Europea, che vede in prima fila la campagna Stronger In Europe) ha subito una temporanea interruzione in seguito al brutale omicidio della Parlamentare Laburista Jo Cox, 41 anni, avvenuto nella giornata del 16 giugno a opera di Thomas Mair, 52enne abbonato in passato a pubblicazioni di supremazia bianca e gruppi pro-apartheid.
Un altro segnale intenso di questo Referendum sulla Brexit era provenuto da un poster presentato da Nigel Farage (leader di UKIP, United Kingdom Independence Party) cherappresentavailflusso di rifugiati verso il Regno Unito secondo una logica descritta come xenofoba in funzione anti-europea, a dispetto del fattocheLondra non aderisca all’ area Schengen e non di meno che per quanto riguarda la questione dei rifugiati Londra debba rifarsi al diritto internazionale.
Nel Partito Conservatore si è aperta un’ampia spaccatura tra Michael Gove , l’ex Sindaco di Londra e il Primo Ministro David Cameron.
Una vittoria del fronte Brexit, a seguito delle trattative tra Londra e Bruxelles che hanno reso le relazioni con Londra favorevoli con un’estensione di tempo al blocco dei benefits per i cittadini europei potrebbe portare sufficiente pressione politica sul Primo Ministro David Cameron da spingerlo a dimettersi.
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Al momento lo scacchiere politico si presenta in questo modo; sul fronte LEAVE si trovano chiaramente Nigel Farage con il suo partito UKIP, in quanto forza politica che ha ispirato la stessa convocazione di questo referendum, una certa parte del Partito Conservatore, con Iain Duncan Smith, Michael Gove e Boris Johnson e altre forze minori, mentre a favore del fronte Remain sitrova il Partito Laburista di Jeremy Corbyn, i Liberal Democratici, una parte dei Conservatori, guidata da Cameron e Osborne, oltre al Green Party.
La crescita dell’ afflusso di cittadini europei, in particolare dalla Europa mediterranea colpita maggiormente dalla crisi dell’ Eurozona, con una campagna nel dibattito mediatico e politica troppo spesso spesa a rappresentare i cittadini della UE come turisti del welfare state britannico sono tra i principali fattori alla base della crescita del fronte LEAVE, seppure non gli unici.
Nelle intenzioni di voto si evidenziano molte spaccature e divisioni, da quelle generazionali, con il massimo supporto per i fronti LEAVE e Remain diviso rispettivamente tra 50enni-60enni-70enni e 20enni-30enni, da quelle geografiche con Scozia, Irlanda del Nord e Galles viste come pronte a votare in modo compatto per il fronte Remain, al contrario dell’orientamento dei cittadini inglesi, che rappresentano la maggioranza dell’ elettorato e che specialmente nell’Inghilterra meridionale, centrale e orientale potrebbero orientarsi verso l’abbandono della Unione Europea.
La incertezza domina lo scenario pre-voto, con la sterlina che affronta un quotidiano ribasso, chiaro riflesso della instabilità finanziaria e i segnali di preoccupazione inviati dalla Banca di Inghilterra in questi giorni.
Ma la domanda che sorge, per i cittadini italiani e comunitari che vivono nel Regno Unito rimane: che cosa accadrà il 24 Giugno, in caso di uno scenario di Brexit?
I cittadini europei dovranno munirsi di visti? Risulterà più complesso spostarsi per lavorare nel Regno Unito da altri Paesi dell’Unione?
Tutto questo al momento non risulta ancora chiaro. La campagna LEAVE, con Michael Gove ha fattori ferimento a un Sistema di visti sullo stile australiano, basato sugli ingressi effettivamente necessari all’economia del Paese, ma tali strategie rischiano spesso di risultare in azzardi non calcolati.
Dall’ altra parte, ci sono circa 2 milioni di cittadini britannici che vivono e/o lavorano nel resto della UE; in uno scenario simile, anche la loro libertà di movimento finirebbe per subire delle restrizioni.
Anche sui tempi non si trova chiarezza; i pareri maggiormente diffusi preconizzano un arco di tempo di 2 anni quantomeno prima della implementazione delle regole di uno scenario di Brexit.
Il punto nodale si trova nel fatto che una simile consultazione referendaria non ha mai avuto luogo in precedenza nell’Unione Europea, motivo per il quale non vi possono essere certezze, oltre alle plausibili complicazioni a livello burocratico per cittadini italiani ed europei che hanno fatto del Regno Unito il Paese dove costruire il proprio futuro.
La fondatrice di The Italian Community London commenta la Brexit: è importante capire le conseguenze negative che avrebbe su di loro, non solo su noi expat. Guarda il breve video di seguito
Angelo Boccato
The Italian Community